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Mi piacerebbe ancora vederli girare per il paese, ma di essi nella mia mente resta solo il ricordo. Un po’ di tempo fa, a cadenza quasi mensile, si faceva vedere a Pettoranello “ru concia ca-v-dar”, aggiustatore di caldai e di altri oggetti di uso comune. questi era un uomo piuttosto piccolo di statura che tutti chiamavano “Franc-schiegl”, e veniva da un paese vicino al mio. Vestiva panni logori, abbondanti per la sua persona, resi scuri dalla sporcizia e dalla fuliggine dei paioli che riparava. Calzava scarpe anche’esse molto consumate dall’uso prolungato, da cui facevano capolino le dita dei piedi privi di calzini. Sul capo, con capelli cespugliosi ed ondosi, portava una “coppola”, resa logora, specialmente la visiera, dal movimento continuo delle mani che la giravano e la rigiravano per evitare che gli scendesse troppo sugli occhi.
La coppola era un accessorio da cui Franc-schiegl non si separava mai; copriva la sua testa sia d’inverno che d’estate. Sul viso sempre tinto del nero dei paioli erano segnate profonde rughe, e spiccavano gli occhi vispi e la bocca larga, circondata dal labbro inferiore più sporgente di quello superiore, molto somigliante al beccuccio di un boccale di vino.
La sua parlata non era del tutto decifrabile.
Certamente anche il suo aspetto non era piacente, eppure la sua presenza era attrattiva per i ragazzi; era sempre circondato da un codazzo rumoroso, ridanciano e scanzonato di gruppi di monelli che gli giravano attorno. Era, però, attento e sospettoso verso i più facinorosi, e rotando i suoi occhi vispi, cercava di tenere sotto controllo ogni loro movimento, per non essere vittima di spiacevoli scherzi.
Il nostro personaggio, quando arrivava in paese, per segnare la sua presenza, scandiva di tanto in tanto dei richiami, a mo’ di banditore: << conciacavdar, conciacavdar! >>.
Arrivava munito di una cassetta di legno tipo valigia, chiusa da una serratura di ferro filato, le cui molte scalfitture, e gli abbondanti graffi erano il segno evidente dei maltrattamenti subiti nel tempo; una tracolla nera, inoltre, serviva per portarla a spalla. La cassetta, unica sua ricchezza, conteneva gli attrezzi del mestiere: un piccolo mantice, dei carboni spenti, un recipiente con dello stagno solido, e ancora vari bastoncini di ferro, pezzuole di rame e cianfrusaglie che non so definire
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