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Tra le molte persone del passato che ho conosciuto e che ricordo con piacere, ce n’è una in particolare: Geremia. Già il suo nome singolare ed unico si distingueva dai tanti Domenico e Michele, in voga al suo tempo. Geremia, per tutti Germ-n era sordo; pare lo fosse diventato in seguito ad una malattia contratta durante la sua permanenza in America. Era di carattere a volte bonario, ma burbero ed irascibile allo stesso tempo. Baffi folti, ispidi e brizzolati, dalle punte attorcigliate e sporgenti ai lati della bocca larga, ornavano il suo viso già rugoso e poco curato. I pochi peli lasciati qua e là dal rasoio in qualche parte della faccia rivelavano il movimento malfermo delle sue mani. Gli occhi strabici si muovevano vispi e rapidi sulle cose che lo circondavano. Per decifrare le parole fissava lo sguardo sul movimento delle labbra di chi gli parlava: quasi a voler rubare i suoni nascosti nelle parole stesse, inclinava lievemente la testa con un orecchio teso verso l’interlocutore. Ricordo che vestiva quasi sempre una tuta di stoffa da lavoro con pettorina, ruvida e resistente. La indossava con orgoglio e quasi con ostentazione di superiorità, poiché questo indumento gli era stato regalato dai parenti residenti in America, e non era in vendita in Italia. Sul capo, dalla capigliatura folta e poco avvezza al pettine, portava una coppola con visiera consumata dal continuo toccare con le mani. Ma quando Germ-n voleva essere elegante, era solito indossare un panciotto con taschino interno da cui si intravedeva un orologio con coperchio assicurato ad una catenella che ricadeva esternamente, sul petto, che tutti potevano ammirare, con un pizzico d’invidia, poiché anche siffatti orologi erano possesso di pochissime persone. L’orologio, di solito, era custodito nel taschino, e la catenella luccicante era elemento rivelatore di questo piccolo tesoro nascosto; Germ-n, però, ci teneva in modo particolare ad esibirlo, e perciò, quando si trovava in presenza di persone, era indaffarato a controllare continuamente l’ora, in modo che tutti sapessero del suo orologio. Come se non avesse null’altro da fare, apriva e chiudeva il coperchio, accarezzandolo dolcemente.
 Come dicevo prima , “Gem-m” era sordo, ma intelligente e scaltro, attento agli affari e guardingo da chi, approfittando della sua sordità, avesse voluto imbrogliarlo. L’attenzione era necessaria, poiché questo mio compaesano gestiva a Pettoranello un negozio, insieme alla moglie Rosina, una donna minuta e taciturna. Il locale era un vero e proprio “bazar”; vi si vendeva di tutto: gli alimentari, sale e tabacchi, materiale di facile consumo per la scuola, finanche chiodi ed astucci di tinta che le donne usavano per tingere gli indumenti. Se mancava qualcosa, non c’era da preoccuparsi: si diceva:<< Andiamo da Germ-n>>. Da lui si trovava davvero di tutto. Sarebbe molto lungo voler fare un elenco. È passato tanto tempo da quando io, allora ragazzina, andavo spesso in questo negozio per comprare i quaderni, l’inchiostro per il calamaio o la carta assorbente, e rivedo l’attenzione che “Germ-n” metteva nel travasare l’inchiostro dal recipiente più grande nei calamai; lui sapeva controllare con precisione il movimento delle mani, evitando di far cadere anche una sola goccia di quel liquido. Sul banco, in bella vista, erano esposti dei barattoli contenenti aste di legno colorato, pennini di varie specie che andavano aggiunti a queste per poter scrivere, gomme, matite ed altro. Ma quello che più attirava la mia attenzione erano dei contenitori panciuti di vetro, chiusi da un coperchio rotante, che contenevano confetti e caramelle avvolte in carta variopinta; leccornie, queste, molto desiderate dai ragazzi di allora, poiché scarseggiavano i soldi per comprarle. Perciò i ragazzi dovevano sperare solo che si celebrassero i matrimoni, perché, in quell’occasione si gettavano molti confetti, soprattutto all’uscita degli sposi dalla chiesa, e loro si lanciavano a rotta di collo tra i piedi degli invitati per raccogliere più confetti possibile, non curanti della sporcizia e del pestaggio delle mani provocato dalla folla
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