L'economia locale è stata basata per secoli sull'agricoltura e sulla pastorizia (si allevavano prevalentemente ovini, solo nel XX sec. questi hanno lasciato il posto ai bovini) e veniva praticata la transumanza, come attestano i dati estratti dagli archivi della Regia dogana della Mena delle Pecore di Foggia[1], dai quali è possibile riscontrare sia il numero di ovini che partivano da Pettoranello (per andare a svernare sugli erbaggi assegnati del tavoliere delle Puglie), che la produzione laniera.
Armenti ovini transumanti del Barone di Pettoranello Francesco Caracciolo[2] |
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Anno | Numero capi |
1690 | 2.350 |
1700 | 2.940 |
1780[3] | 8.380 |
Produzione di laniera del Barone di Pettoranello Francesco Caracciolo[4] |
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Anno | Paranza[5] | Libbre di lana maiorina[6] | Libbre di lana ainina[7] | Totale libbre di lana | Note |
1690 | Castel di Sangro | 3779 | 270 | 4049 | |
3796(*) | 370(*) | 4166(*) | *In società con il Duca del Peschio | ||
1700 | Sulmona | 2453 | 214 | 2667 | |
1705 | Castel di Sangro | 1020 | 175 | 1199 | |
[1] La “Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia” fu istituita nella città di Lucera nel 1447 dal re Alfonso I d'Aragona e subito dopo trasferita a Foggia. Regolamentava il settore agricolo e l'allevamento e permetteva la riscossione dei proventi derivanti dalla transumanza e dal diritto di pascolo (o fida), dai pastori i cui armenti svernavano in Puglia. Il suo Tribunale era competente a giudicare tutte le cause in cui erano coinvolti i pastori. Venne soppressa con una legge promulgata da Giuseppe Bonaparte il 21 maggio 1806. Attualmente gli atti della “dogana” sono custoditi presso l’archivio di Stato di Foggia.
[2] “Il Molise e la transumanza” di Di Cicco Pasquale.
[3] Francesco Caracciolo morì nel 1724 per cui il dato è da riferirsi ad un suo discendente.
[4] Dati estratti da: “Produzione e commercio della lana nel Regno di Napoli nel XVII secolo” – tesi di dottorato di Rossi Roberto.
[5] Veniva definita “paranza" la “riunione” dei pesatori di lana. Le "paranze" erano: Aquila bianca (riferita al colore della lana), Aquila nera, Castel di Sangro e Sulmona. Ogni locato, indipendentemente dal proprio paese di origine, doveva far capo ad una di queste "paranze". I pesatori provenivano per lo più dall'Abruzzo.
[6] Lana maiorina: detta pure maggiorina, si ottiene dalla tosatura di maggio in particolare dalle pecore di razza Gentile e costituisce quasi l'85% di tutta la produzione.
[7] Lana ainina: ottenuta dalla tosatura degli agnelli, è di buona qualità ed è richiesta dai mercanti esteri dell'epoca.
[2] “Il Molise e la transumanza” di Di Cicco Pasquale.
[3] Francesco Caracciolo morì nel 1724 per cui il dato è da riferirsi ad un suo discendente.
[4] Dati estratti da: “Produzione e commercio della lana nel Regno di Napoli nel XVII secolo” – tesi di dottorato di Rossi Roberto.
[5] Veniva definita “paranza" la “riunione” dei pesatori di lana. Le "paranze" erano: Aquila bianca (riferita al colore della lana), Aquila nera, Castel di Sangro e Sulmona. Ogni locato, indipendentemente dal proprio paese di origine, doveva far capo ad una di queste "paranze". I pesatori provenivano per lo più dall'Abruzzo.
[6] Lana maiorina: detta pure maggiorina, si ottiene dalla tosatura di maggio in particolare dalle pecore di razza Gentile e costituisce quasi l'85% di tutta la produzione.
[7] Lana ainina: ottenuta dalla tosatura degli agnelli, è di buona qualità ed è richiesta dai mercanti esteri dell'epoca.